martedì 27 marzo 2012

LE CARCERI TEATRALI (sinossi)

  (Novella neo-scapigliata a metà tra gli 'Hunger Games' di Suzanne Collins e gli incubi di Kafka)

Introduzione* Ovviamente in origine c’è un manoscritto. Stavolta è stato trovato dal medico psichiatra Ottavio Santori, che si è anche improvvisato filologo per l’occasione, apportando forse più correzioni (e interpolazioni) del dovuto.
Cap. I La storia, narrata in prima persona da Edoardo Sirini, è datata 184..., si tratta di una ‘classica’ narrazione di viaggio, dalle Canarie verso l’Atlantico. Ma un uragano coglie di sorpresa l’equipaggio ed Edoardo si ritrova superstite in un’isola non proprio deserta e non meglio identificata.
Cap. II Nel momento del risveglio si ritrova in una sorta di Carcere dalla complessa forma di panopticon (come teorizzò Jeremy Bentham). Nella cella limitrofa, separata da un tramezzo, comincia a dialogare una buffa creatura erudita e logorroica. Scopre che si tratta di un pappagallo poliglotta dotato di intelligenza, di nome pico manfùrli, ma faticoso da sopportare dopo un po’ di loquela sciolta. Edoardo nel frattempo riceve la visita di un ‘funzionario’ delle Carceri, alfonso, che gli intima di imparare a memoria un lungo monologo vergato su dei fogli. In seguito irrompe anche il carceriere balicàn, un nano mostruoso che parla un linguaggio tutto suo.
Sette giorni dopo Edoardo riceve di nuovo la visita di Alfonso per parlare dello strano monologo che gli è stato affidato. Edoardo vorrebbe sapere qualcosa di più, ma il meccanismo di quel certamen risulta essere ancora oscuro. Alfonso si offre di aiutarlo in quella difficile prova, ma in cambio di probabili favori sessuali; Edoardo rifiuta stizzito.
Cap. III Qualche giorno dopo Edoardo riceve stavolta la visita di una ragazza grassa e tarchiata, chiamata angiola, una concubina della Corte Reale, che cerca di carpirgli delle informazioni. In seguito Pico, che dall’altra parte del tramezzo ascolta tutto, si dilunga in commenti sullo strano magnetismo esercitato da Edoardo. Il carceriere Balicàn irrompe come al solito, ma stavolta è interessato più all’uccellaccio che ad altro. Per il momento di accontenta di divorare un ragno pingue nella cella.
Cap. IV Edoardo trascorre il suo tempo nella cella a memorizzare il lunghissimo monologo in compagnia di un altro ragno, scarafaggi, uno scorpione e delle lucciole. Tutti gli insetti sembrano avere anche un valore simbolico.
Cap. V Edoardo trascorre le sue giornate in cella di isolamento quasi con serena accettazione, scopre così di celare un mondo nella sua interiorità, amplifica le sue qualità visionarie e pratica forme di meditazione basate sulla precisa visualizzazione degli spazi architettonici. Ricostruisce la forma delle Carceri che sono inscritte nella forma della città ciclopica che è inscritta nella forma dell’isola arcana.
Cap. VI Dopo il primo mese di detenzione viene condotto dal cappellano athanasius nel Piano Superiore delle Carceri, completamente diverso dal primo: vi sono ampi spazi come se si trattasse d’una cattedrale circolare con scalinate (alcune tronche), portali, arazzi e vetrate multicolori (per avere un’idea parziale si può confrontare tale visione con le Carceri di Piranesi, ma più luminose e serene).
Cap. VII Edoardo, ramingando libero per quella struttura, s’imbatte in una meravigliosa fanciulla, erica. Scopre da un certo maxwell, un vecchio pirata inglese, che Erica appartiene alla Corte Reale, ma si occupa dei prigionieri più bisognosi per spirito di filantropia. Questo suo atteggiamento sarebbe anche fomite di invidie nella Corte, ma lei è troppo importante per essere ostacolata.
Stavolta Edoardo s’imbatte in Pico Manfùrli, che è libero di svolazzare goffamente nel Piano Superiore delle Carceri; anche lui ha appreso un lungo monologo ed è convinto di poter trionfare nell’oscuro certamen che li attende. Lunghissima, verbosa, ma spassosa digressione di Pico sulla retorica del testo teatrale, sui Drammi Sacri recitati nell’isola a mo’ di rituali (dagli esiti ancora oscuri) e sulla natura diabolica della donna che avvinghia l’uomo nelle sue spire (allusione all’infatuazione di Edoardo per Erica).
Cap. VIII Buffo intermezzo. Balicàn, sgattaiolato nei Piani Superiori, cerca di accalappiare con l’astuzia l’uccellaccio intellettuale, ma non vi riesce. A bloccarlo sopraggiunge Alfonso, che salva Pico dalle grinfie del nano per guadagnarsi finalmente il favore di Edoardo, ormai amico affezionato di Pico. Ma Balicàn stizzito chiama a sé Angiola per mostrare come Alfonso infastidisca ripetutamente il prigioniero Edoardo, con avances a sfondo erotico, il che è proibito dal regolamento delle Carceri. Nasce una forte discussione tra Alfonso e Angiola, a colpi di accuse e ricatti incrociati: infatti Alfonso è un messo fidato della Signora (molto potente nell’isola) mentre Angiola è concubina prediletta del piccolo Re (figlio della Signora ma detentore dello scettro del comando, pur essendo immaturo, ovvero ancora un bambino libidinoso e ottuso). Ma nel mezzo del litigio appare Erica che scioglie il conflitto e chiama a sé Balicàn. Dialogo stilnovista tra Edoardo ed Erica, una sorta di donna angelicata e perfetta per le virtù spirituali.
Cap. IX Erica vuole aiutare Edoardo a comprendere la natura e la dinamica dei Drammi Sacri e delle procedure per l’accesso ai Giochi e quindi conduce Edoardo da un certo Guglielmo Rabacci (il vero padre della fanciulla) che abita in un casotto in un giardino pensile allato delle Carceri. Edoardo scopre così che Rabacci è l’autore dei testi prolissi e barocchi che i prigionieri devono mandare a mente (ognuno per conto suo, inconsapevole della parte altrui: sarà il Regista poi a incastrare tutto). Rabacci espone parte del Regolamento dei Drammi Sacri e illustra la storia dell’isola e dell’ultima dinastia sanguinaria al governo: lui stesso è rimasto vittima dell’ostracismo della Corte, continua a vergare i suoi chilometrici drammi alla Lope de Vega, ma vive in quell’esilio dorato accanto alle Carceri, in un giardino segreto, dove porta avanti anche i suoi studi di botanica.
In una seconda seduta Rabacci illustra con maggiori dettagli la storia dell’isola, le cui ciclopiche costruzioni sarebbero antichissime, addirittura risalenti all’Impero di Atlantide, descritto così bene da Platone nel Timeo e nel Crizia. Rabacci cerca di chiarire altri aspetti del complicato meccanismo del certamen teatrale, che vede coinvolta l’intera città nella scelta degli attori migliori. Ma non tutto viene esplicitato: vi sono cose che devono rimanere segrete fino alla fine. Ciò che appare evidente è il destino tragico di gran parte degli attori non all’altezza del ruolo; i mediocri vengono subito abbattuti, i meno bravi ma non mediocri permangono in stato di schiavitù e dovranno esibirsi anche il semestre seguente, i migliori hanno una sorte contraddittoria, potrebbero essere sacrificati in pompa magna agli Dei o potrebbero guadagnarsi la Grazia e quindi la libertà. Ma di rado accade. C’è un’evenienza particolare però, quella di “due attori di grado superiore” e dunque eccelsi: uno viene sacrificato, l’altro liberato. Questa volta potrebbe presentarsi tale opzione. Indovinate un po’ quali sono i due grandi attori secondo le scommesse dei bookmakers? Edoardo e Pico Manfùrli...
Edoardo è stupito dal fatto che nelle Carceri e nell’isola esistano così tante regole barocche ma non sempre rispettate il che crea l’instaurarsi di un assurdo doppio binario: crudeltà nei confronti dei prigionieri che infrangono le regole e anarchica corruzione dell’apparato burocratico che dovrebbe provvedere a far rispettare le leggi per non turbare l’inesorabile funzionamento della macchina statale.
Cap. X Edoardo abbandona definitivamente Rabacci che gli ha dato una gran mano (su interessamento di Erica) in modo da permettergli di essere più consapevole di fronte alle prove difficili che si profilano all’orizzonte. Edoardo nelle Carceri stavolta s’imbatte nel regista Martino Sequeli, caotico e chiacchierone, assolutamente inadeguato per il ruolo che ricopre. Più tardi Edoardo incontra altri prigionieri piuttosto disorientati e preoccupati per l’esito della vicenda, si tratta per lo più di ‘carne da macello’, naufraghi inadatti a recitare, mandati allo sbaraglio e lasciati in pasto al ludibrio della folla sadica dell’isola. Tra questi spicca per la sua evidente follia un certo Napoleone, un classico esaltato.
Cap. XI Il mattino seguente è il grande giorno. I prigionieri si assiepano ai piedi di una scalinata che conduce all’uscita, vigilata da guardie che si divertono a compiere piccole angherie. Gli attori vengono chiamati uno per volta per esibirsi nel loro monologo caotico o frammento di dialogo, il certamen sembra durare l’intera giornata, un vero rituale da delirio. Giunge anche il turno di Edoardo che rimane stupito alla visione della città ciclopica. È a forma di anfiteatro e la scena è costituita dal tetto delle carceri che poi sprofondano in parte nelle viscere della terra. Inoltre la città s’inerpica su per l’altura dell’isola, che quindi sembra un Teatro geologico. L’intera folla cittadina lo osserva, nonché la Corte Reale, situata in un palchetto laterale. Il Re è un bambino dalla testa enorme!
Cap. XII Edoardo termina la sua esibizione, osannato dalla folla. Terminato il Dramma, si svolgono le laboriose votazioni. Infine il Re avrà il compito di leggere la lista dei condannati e dei salvati da un rotolo appena vergato. Cominciano le selezioni feroci; viene dichiarata aperta la procedura dei “due attori di grado superiore”. Ma la Corte si divide sul sacrificio e sulla Grazia. Edoardo o Pico (come previsto)? Scoppia un putiferio inatteso all’interno della Corte, vi sono richieste di una doppia Grazia, fatto inaudito, il Re si spazientisce e allora condanna entrambi al sacrificio.
Qui mi fermo poiché il finale è davvero movimentato e inatteso, come il massacro finale di The Wild Bunch di Sam Peckinpah, ma con ulteriori varianti. La storia narrata sembra anche essere un’allegoria o una prefigurazione di un futuro distopico e tirannico.




* Questo racconto è presentato in verità come lunga novella fantastica e grottesca scritta in carcere dal Conte, protagonista della novella "Sciogli le trecce, ragazza punk" e personaggio secondario in "Solitari si muore".

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